Negli ultimi anni sta diventando molto diffuso, anche nell'astrofisica per dummies che frequento io, il concetto di Materia Oscura. Può darsi tuttavia che non tutti sappiano da quale (semplice) calcolo nasca il concetto che nel mondo esista... altro oltre a quello che vediamo. In questo articolo ripercorrerò, per profani come me, il ragionamento che porta a far supporre che esista della materia che non emette radiazioni elettromagnetiche rilevabili (da cui la definizione, in parte impropria, di Oscura) e che non interagisce con la materia ordinaria in altri modi se non attraverso la forza di gravità.
Un piccolo passo indietro, fino al 1619
Può suonare amara la frase: "Tutto quello che esiste è la prova che deve esistere qualcos'altro." Tuttavia ci sono implicazioni delle teorie fisiche che governano l'universo che trasformano l'affermazione precedente, da un concetto triste e "depressivo", a uno spunto interessante e intrigante per la mente umana. Verosimilmente non doveva proprio essere questo che avevano in mente Kepler, Newton e Einstein quando formularono le loro teorie riguardo la gravitazione. In particolare, dalla terza legge di Kepler sul moto dei pianeti, Newton dericò la legge di gravitazione universale, poi ampliata da Einstein in termini di relatività.
In effetti, per rendere più chiaro il ragionamento, occorre tornare alla formulazione della terza legge di Keplero. Pubblicata nel 1619, la terza legge afferma:
"I quadrati dei tempi che i pianeti impiegano a percorrere le loro orbite sono proporzionali ai cubi delle loro distanze medie dal sole."
Fin qui sembrerebbe una semplice relazione fra periodo orbitale e distanza. E sembrerebbe anche ragionevole: più un corpo è distante dal corpo attorno a cui ruota e più lentamente compie le sue rivoluzioni, dovendo contrastare, con la forza centrifuga, una forza di attrazione che diventa sempre più debole.
Da dove nasce allora lo scandalo? Nasce dalle osservazioni della velocità di rotazione delle galassie a spirale. Più in particolare: la velocità delle stelle che si trovano più in periferia di queste galassie è troppo elevata rispetto alla terza legge di Kepler. Per dire meglio: se la materia contenuta nella galassia si limitasse a quella visibile, queste stelle così lontane e in rotazione così rapida, dovrebbero sfuggire alla galassia (evaporare per usare un termine tecnico degli astronomi). Dal fatto che le galassie sono invece strutture coese sul lungo periodo, ne consegue che... qualcosa non quadra.
Le lenti gravitazionali
L'altro elemento di natura cosmica che porta a un problema di interpretazione dei dati sperimentali, è costituito dal fenomeno conosciuto come "lente gravitazionale". Espresso in termini molto semplicistici, potremo dire i raggi luminosi che provengono da una sorgente (ad esempio: una stella o una galassia) subiscono una apparente deflessione se fra noi e la sorgente luminosa si trova una massa abbastanza grande.
Questo fenomeno, dovuto alla relatività einsteiniana, vale sia su "piccole" che su "grandi" scale astronomiche. Tuttavia assume un valore particolare nel caso delle scale dimensionali più estreme per le quali, le deflessioni effettivamente osservate, non si spiegherebbero postulando la presenza della sola materia visibile. Anche qui il problema è lo stesso: di materia ordinaria ce n'è troppo poca per giustificare distorsioni come quelle osservate. E anche qui, come nel caso della rotazione delle galassie, la differenza non è di poco conto: partendo dalla legge di gravitazione di Newton, la materia "non rilevata" necessaria a giustificare queste "deflessioni" sarebbe dell'ordine di 4 parti di materia oscura per ogni parte di materia ordinaria presente nell'universo.
Qui vorrei sottolineare, di sfuggita, un punto interessante per intendere correttamente questa deflessione dei raggi luminosi. Di fatto: la luce, essendo composta da fotoni che non hanno massa, non è soggetta alla gravità e quindi non subisce nessuna deflessione!
Ma allora che cosa significa quanto appena affermato? Semplicemente va inteso nel senso della relatività eisteiniana: è l'intero spaziotempo, in presenza di una massa rilevante, a essere curvo. La luce non fa che percorrere la linea retta che, su uno spazio intrinsecamente curvo, è essa stessa curva. Se noi fossimo su uno dei fotoni partiti da una stelle lontana milioni o miliardi di anni fa' e facessimo il nostro tragitto verso il pianeta Terra, ci sembrerebbe di aver sempre viaggiato in linea retta. E di averci messi pure una frazione di secondo (per il principio di dilatazione dei tempi); chi ci guardesse dall'esterno ci vedrebbe percorrere una traiettoria incurvata e calcolerebbe anni o forse miliardi d'anni di viaggio.
Due scandali, tre risposte
Questi due fenomeni sono lo scandalo iniziale a cui sono state date, nel tempo, le tre risposte seguenti:
- Materia Oscura - Esiste un'altra forma di materia, chiamata oscura in quanto non interagisce con la materia ordinaria, che però ha effetti gravitazionali in qualche modo dipendenti dalla distanza. Nelle galassie questa materia riesce a trattenere le stelle più esterne e a non farle sfuggire nonostante la loro alta velocità di rotazione. Nelle traiettorie luminose produce deflessioni maggiori di quanto atteso.
- MOND - Non serve pensare a materia differente da quella ordinaria, se solo si ammette che la forza di gravitazione non ha la forma che conosciamo, ma una forma leggermente differente che può spiegare i fenomeni osservati.
- Principio Olografico - Invece di introdurre una variazione artificiale della forza di attrazione gravitazionale, questo ultimo approccio parte dalla teoria dell'informazione che, portata alle sue estreme conseguenze, arriva a teorizzare che la quantità di informazione è proporzionale alla superficie e non al volume dello spazio. Da questa considerazione, di cui avevamo parlato anche qui, nascono conseguenze matematiche che possono spiegare (in assenza di materia differente da quella che interagisce con la materia ordinaria), il comportamento osservato. Non solo, ma la gravità stessa, in questa concezione, sarebbe un effetto apparente e non una legge intrinseca. E questo darebbe anche conto della sua irriconducibilità attuale al modello Standard. I principali fautori di questo punto di vista, relativamente nuovo fra gli astrofisici, sono Gerard ‘t Hooft (Nobel per la fisica nel 1999) e il suo continuatore Erik Verlinde.