Quando mi ero messo a scrivere «C'è vita sulla Terra?», ero partito con l'idea di un racconto su una sonda spaziale. Volevo raccontare le vicissitudini di una sonda inviata su Marte per cercare tracce di vita. L'argomento non è poi così lontano dalla realtà, né così futuristico. Sarebbe stato un racconto sulle discussioni che ruotano attorno a queste scoperte, sia dentro la comunità degli scienziati, sia nei mille focolari di citizen science che le esplorazioni spaziali alimentano. Avrei parlato di discussioni e scontri sull'interpretazione dei dati. Di Principal Investigators, di orbite di Hohmann, di Deep Space Network...
Poi però ho scoperto che la cosa non arrivava ad appassionarmi realmente. Quante probabilità avevo quindi che potesse interessare i lettori? A quel punto ho capito meglio che cosa davvero mi piace, che cosa davvero mi entusiasma persino più della scienza in sé. E questa cosa è il parlare della scienza. Così ho scritto un racconto, «C'è vita sulla Terra?», che racconta di due famiglie di amici che parlano di questa sonda. Che parlano di tutto, in realtà. Parlano dei dati scientifici, certo, ma intanto bevono birra, si scazzano, progettano viaggi. Bevono altra birra, condividono sogni, sgridano i bambini.
Alla base dell'idea di una sonda c'è stato anche l'aver sentito, qualche anno fa', quella che potrebbe essere vista come la classica voce fuori dal coro, relativamente alla ricerca della vita su Marte. In particolare c'è, da più di trent'anni, uno scienziato che sostiene non solo che la vita è presente su Marte. Ma che è anche già stata trovata.
Si tratta di Gilbert Levin, all'epoca Principal Investigator delle sonde Viking, che arrivarono su Marte fra il 1975 e il 1976. In un libro del 1997 ribadì la sua convinzione che un esperimento (uno solo dei quattro effettuati) diede già allora risultati positivi. Nel senso che l'interpretazione secondo lui più congruente dei risultati ottenuti è riconoscere che solo la vita può causare fenomeni e reazioni capaci di spiegare che cosa è di fatto stato osservato negli esperimenti «LR» (Labeled Release).
Ora, certo potevo rincorrere queste informazioni lungo la narrazione di una nuova sonda mandata su Marte per sdipanare la matassa e portare, in un senso o nell'altro, maggiori informazioni sulla vicenda. Potevo; ma ne sarebbe uscito un qualcosa a metà fra l'articolo di divulgazione scientifica e il cattivo articolo di divulgazione scientifica. Detto in altri termini: non ero convinto di riuscire a trasmettere quanto queste discussioni possano essere interessanti e divertenti per le persone che partecipano.
Molto meglio, a mio modo di vedere, descrivere l'effetto di queste discussioni e degli elementi attorno ai quali sono imperniate, direttamente sulle persone che vi prendono parte. Che sono, appunto, persone. Con tutto quello che questo comporta. Magari persone un po' intellettualoidi e un po' nerd. Ma che si fanno domande come "In che modo cambierebbe la nostra immagine che abbiamo di noi stessi se fossimo posti di fronte all'evidenza che altre forme di vita sono, di fatto, presenti, a pochi passi da noi?" Che è una domanda a cui pochissimi saprebbero rispondere. E fra questi pochissimi non ci sono comunque i personaggi del racconto. Che hanno altri problemi più impellenti. Direi più terra terra ma sembrerebbe uno sciocco gioco di parole.
Quanto al titolo, C'è vita sulla Terra?, nasce dalla domanda, più ovvia e banale, che potrebbe essere formulata come C'è vita al di fuori della Terra? Il fatto è che, per rispondere a questa domanda, la strada obbligata è interrogarsi su noi stessi, su che cosa sia quello che possiamo definire come vita. Da qui nasce l'apparente inversione logica del titolo. Che, a ben vedere, è solo apparente.
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Titolo | Versione Kindle | Copia cartacea |
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La maggior parte dei problemi, 2017(Do un'occhiata, per farmi un'idea) | |