C'è un aspetto, nelle esposizioni divulgative della Relatività Generale, che normalmente sfugge. Se, da un lato, viene colto abbastanza bene (anche se magari non altrettanto bene digerito) il fatto che non sia possibile superare la velocità della luce, dall'altro si dà spesso per scontato che i predicati relativistici si riferiscano solo ai fotoni. Del resto è di luce che si parla, no? Nel presente articolo, e con gli evidenti limiti della mia conoscenza, cercherò di spiegare che no: non è di luce che si parla, ma di una questione molto più sottile: ciò che non può superare la velocità della luce è la relazione di causalità...Cominciamo con il considerare un esperimento mentale. Si tratta, è forse il caso di precisarlo, non di un'idea originale ma di un "esperimento" che veniva illustrato durante un corso di Fisica Matematica di cui ho seguito, ahimé, troppo poche lezioni in anni ormai troppo lontani. Con questo dico soltanto che i fraintedimenti e le imprecisioni di questa descrizione non posso che imputarli a me stesso e non al professore di cui ho conservato un ottimo ricordo.
Immaginiamo quindi di disporre in modo allineato un certo numero di lampadine. Non serve ipotizzare che queste lampadine siano particolarmente distanti l'una dall'altra, dato che non ci proponiamo di rilevare dati da un esperimento scientifico vero e proprio. Immaginiamo a questo punto due scenari:
Scenario A) Le lampadine sono collegate "in serie" da un filo elettrico. In questa condizione, ipotizzando di far passare una qualche forma di corrente elettrica nel file, possiamo immaginare di vedere accendere le nostre lampadine. Ciò che la teoria della relatività indica è che se immaginiamo di vedere le lampadine che a una a una si accendono, il "movimento apparente" della corrente elettrica sottostante è limitato alla velocità con cui gli elettroni si possono muovere all'interno del filo. Il che significa che il movimento apparente è necessariamente inferiore (al più uguale) alla velocità della luce.
Scenario B) Immaginiamo ora di collegare tutte le lampadine che abbiamo predisposto, non tra loro, ma di collegare ogni lampadina a un qualche tipo di apparecchiatura "centrale". Immaginiamo che da questa apparecchiatura, i cui dettagli tecnici non sono importanti (ci sono interruttori, temporizzatori, ecc.? Non è rilevante saperlo), immaginiamo, si diceva, che lungo i diversi fili che collegano l'apparecchiatura alle singole lampadine, partano impulsi di corrente elettrica in modo sincronizzato per poter raggiungere, in rapida successione, le lampadine. Addirittura diverse lunghezze dei fili di collegamento potrebbero già essere sufficienti per far partire in un medesimo istante la corrente verso tutte le lampadine, ottenendo che, data la velocità finita (per quanto elevata) della luce, le lampadine stesse vengano raggiunte in momenti differenti. In particolare non è difficile immaginare (né sarebbe impossibile realizzare) un effetto simile a quello dello Scenario A, in cui il "movimento apparente" dei vari istanti successivi in cui avviene l'accensione delle lampadine, possa essere considerato alla stregua di un movimento.
Ora, è chiaro che, nel nostro sistema ideale, lo Scenario B permette, senza ipotizzare condizioni assurde, di realizzare un movimento apparente che "viaggia" a una velocità maggiore di quella della luce. Basterà, ad esempio, considerare cavi di collegamento quasi della stessa lunghezza e in cui la differenza sia sufficientemente piccola da ottenere l'accensione delle lampadine quasi nello stesso istante.
Che cosa abbiamo realizzato in questo modo? Abbiamo realizzato un "movimento"? Sì. E non è particolarmente più ipotetico del movimento di una qualsiasi scia luminosa che possiamo cogliere nelle profondità dell'universo. Chi ci garantisce, infatti, che l'accensione di stelle poste a una così grande distanza che non riusciamo a coglierne che pochissimi fotoni, rappresentino davvero un "movimento" più coerente del nostro? Non potrebbe, anche in quel caso, essere un evento di accensione e spegnimento in tempi ravvicinati invece che spostamento della materia da un punto all'altro dello spazio?
Ma ecco che qui la Teoria della Relatività di Einstein ci dà un'informazione che può essere ribaltata in questi termini: Se in un fenomeno fisico che possiamo classificare come "movimento" il movimento apparente che percepiamo è più veloce della velocità della luce, allora manca il nesso di causa ed effetto fra i vari istanti di questo movimento.
Tornando alla nostra ipotesi delle lampadine: alle lampadine in serie dello scenario B manca il trasferimento di informazioni fra una lampadina e la successiva. C'è trasferimento da un punto centrale a ogni singola lampadina, ma in modo separato.
Il che, espresso in un altro modo ancora, può essere parafrasato come:
La relatività implica che la velocità della luce determini un vincolo insuperabile alla trasmissibilità del principio di causa-effetto.